Scrittori dimenticati. J. D. BERESFORD - Seconda parte


[PROSEGUE DA QUI]

Oltre alle opere citate nel precedente articolo, John Davys Beresford fu un autore prolifico di distopie e di utopie le quali tendono, sempre, verso un finale di rovina. 


John Davys Beresford


Ciò è tanto più vero se ci avviciniamo alla sua produzione finalequando, abbandonato l'agnosticismo positivista, Beresford si avvicinò prima alla Teosofia e poi a un misticismo passionale e carico di tensione. Come se, col sopraggiungere dell'età senile, e dopo aver compiuto una necessaria separazione dalla mistica paterna, l'autore avesse deciso di tornare indietro, di riabbracciare idealmente le vecchie credenze.

La tensione all'inconoscibile, quel non-luogo al di là del mondo reale e tangibile, condizionerà i suoi ultimi scritti, tutti di science fiction, e fu forse proprio questa eccessiva predominanza dell'elemento spirituale su quello scientifico a far sì che Beresford fosse progressivamente ignorato dal pubblico, orientato verso una sf di maggior concretezza e ampiezza cosmica.

A world of women


Tra le sue distopie, vale la pena segnalare Goslings, romanzo pubblicato nel 1913, poco dopo The Hampdenshire Wonder che segna un'ideale linea di separazione tra il vecchio autore e il nuovo, affrancato dalle tematiche più intime e personali.
Goslings [anche noto come A world of women] è una delle prime distopie di genere, nella quale Beresford immagina una società matriarcale sorta a seguito di un'epidemia che ha decimato il genere umano, e sterminato quasi completamente il sesso maschile.

In What dreams may come… , e siamo ormai nel 1941, è già più evidente la “deriva” spirituale di Beresford. Qui il protagonista, un giovane insoddisfatto della sua vita e chiuso in se stesso, sperimenta l'esistenza di un mondo altro, diverso dal mondo contingente; un mondo che può raggiungere solo nel sogno, provocando una cesura che verrà risolta solo nel capitolo finale.

 
Mentre in Riddle of the tower, scritto a quattro mani con Wynne-Tyson Esmè e pubblicato nel 1944, Beresford mette in discussione, una discussione molto critica, il comunalismo. Nel romanzo il protagonista, viaggiatore temporale, esplora una serie di mondi passati e futuri che inevitabilmente collassano quando le relazioni si basano non più sulla condivisione e la pace ma sulla paura e il sospetto reciproco, generando delle escalation distruttive dalle quali non sembra esservi rimedio.

Ma ecco che anche qui torna l'aspetto "messianico" dell'opera di Beresford, e il protagonista, posto davanti al dilemma se abbandonarsi al flusso del tempo o tornare al suo presente, sceglie quest'ultima opzione, nel disperato tentativo di salvare l'umanità dall'inevitabile catastrofe.

Bibliografia.
 
Per chi volesse approfondire l'uomo e l'autore rimando alle fonti citate nella prima parte dell'articolo.
Recentemente, la Hypnos edizioni ha pubblicato il racconto "Lost in the fog" nell'antologia L'ora degli spettri. 29 storie di fantasmi curata da Pietro Guarriello e Giuseppe LoBiondo.

Il racconto.
 
The man in the machine”, il racconto tratto da Nineteen Impressions che ho scelto per chiudere questo breve e parziale focus su J. D. Beresford, fa parte, come dicevo nel precedente moncone di questo articolo, della fase “positivista” dell'autore.

Il protagonista della storia si trova, per un incidente, catapultato all'interno del proprio corpo, individuato come una grande Sala tanto enorme quanto vuota, al centro della quale si trova la “macchina” che dà il titolo al racconto.  

Racconto tradotto, credo, per la prima volta in italiano (non ho trovato, almeno, riscontri a traduzioni precedenti, ma sarei felice di vedermi smentita), scusandomi in anticipo per eventuali errori e farraginosità nella resa.

[Per leggere il racconto, clicca sul titolo.]
L'UOMO NELLA MACCHINA

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